Analisi video e retail: è possibile (ri)utilizzare le camere di sorveglianza?

Migliorare le performance della propria attività commerciale richiede la conoscenza della clientela che la affolla. Oggigiorno, una telecamera intelligente, combinata con un software di analisi video in grado di effettuare in modo automatico l’elaborazione delle immagini, può rispondere a questa esigenza. Questo è il motivo scatenante per cui i retailer sono sempre più interessati alle soluzioni che oggi l’analisi video può offrire. Ma il budget non sempre permette di realizzare tutti i sogni di un retailer. E così, la domanda che spesso sento porre è: “Posso utilizzare le camere di sorveglianza che sono già installate nel mio negozio, oppure ho bisogno di acquistarne di nuove?” E così si avvia una lunga discussione che tipicamente inizia con la seguente risposta: “Dipende”. Da cosa? Scopriamolo.

Quando ci si trova di fronte a questa situazione, non resta che porre le seguenti domande al retailer, finalizzate da un lato a soddisfare al meglio le sue esigenze, ma allo stesso tempo rispettando il budget che ha a disposizione:

  1. Quali sono le funzionalità che desideri all’interno della tua area di vendita?
  2. A quale di queste sei disposto a rinunciare?

Quali sono le funzionalità che il cliente richiede?

Scopriamo quelle che sono le funzionalità che oggi un retailer può avere, grazie ai prodotti già disponibili sul mercato, all’interno della sua area di vendita.

Conteggio persone ai varchi: è la funzionalità di cui tipicamente non si riesce a fare a meno. Una camera, montata all’ingresso in vista zenitale, ad inquadrare le teste delle persone, effettua il conteggio delle persone che entrano e che escono dalla porta. Un esempio è riportato in Figura 1.

Figura 1- Conteggio persone ai varchi. L’esempio è tratto da AI-People

Questa funzionalità, tra l’altro, è quella che abilita al calcolo del cosiddetto “conversion rate”, ossia il rapporto tra il numero di scontrini emessi e il numero di ingressi, che in qualche modo è indice del numero di potenziali clienti (quelli che accedono all’area di vendita) che si trasformano in clienti (ossia coloro che acquistano e producono quindi uno scontrino).

Stima affollamento: questa funzionalità può concretizzarsi in due modi; (1) attraverso la stima del numero di persone all’interno di una area; o (2) attraverso la valutazione della percentuale di occupazione di una area. Nel primo caso, il vincolo installativo è stretto, poiché la camera ha bisogno di essere installata con vista zenitale. Viceversa, nel secondo caso non ci sono vincoli installativi. Nel primo caso, il dato che il retailer riesce ad ottenere è legato al numero di persone, mentre nel secondo caso il dato è decisamente meno pregiato poiché si riferisce alla percentuale di occupazione di una area. Insomma, avere un dato pregiato richiede che la camera sia posizionata come l’analisi video richiede. Utilizzare invece le camere magari già installate per fini sorveglianza è possibile, ma consente di ottenere un dato meno pregiato (la percentuale di occupazione di un’area appunto).

 

Figura 2- Alcuni dei plugin di analisi video per il retail prodotti da A.I. Tech: AI-Crowd, sulla sinistra, per la valutazione dell’affollamento; AI-Heat, sulla destra, per la valutazione della heatmap.

Stima sovraffollamento: aumentare la customer experience signifca minimizzare il tempo di attesa in coda dei clienti che hanno deciso di acquistare un prodotto e di pagare quindi alla cassa. Plugin di analisi video per la gestione delle code e la valutazione del tempo di attesa in coda risultano quindi estremamente utili per la gestione di un punto vendita. Stimare il sovraffollamento infatti significa generare un allarme laddove ci siano troppe persone in attesa alla cassa, consentendo una immediata apertura di una nuova cassa.

Anche in questo caso, possiamo adottare due strategie differenti: (1) generare un allarme se il numero di persone all’interno di una area è superiore ad una determinata soglia; (2) generare un allarme se la percentuale di occupazione di un’area è superiore ad una determinata soglia. Tutte le osservazioni fatte sopra possono essere ancora applicate in merito al posizionamento della camera e al tipo di informazioni, più o meno pregiate che si riescono ad ottenere.

Heatmap: Alle informazioni di carattere quantitativo prodotte dai moduli di analisi video sopra descritti (per la stima dell’affollamento e del sovraffollamento), se ne può aggiungere un’altra di carattere qualitativo, ossia la valutazione della heatmap, che consente di classificare le aree della scena inquadrata dalla telecamera sulla base del tempo di permanenza delle persone al loro interno, consentendo quindi la distinzione tra le aree maggiormente visitate dai clienti (hot spots) e quelle di minore affollamento (dead areas). Un esempio è quello riportato in Figura 2, dove in rosso sono riportate le aree più affollate e progressivamente in verde e blu quelle meno affollate. Come per la valutazione della percentuale di occupazione, tipicamente anche in questo caso non vi sono particolari vincoli installativi, sebbene la camera preferita dai retailer sia una fisheye montata al soffitto.   

Stima genere, fascia d’età, sentimento e etnia: quando il numero di persone non è sufficiente, le tecnologie oggi disponibili sul mercato consentono anche di valutare il tipo, ossia caratterizzare l’affollamento in termini di tipologia delle persone: uomo o donna?  Bambino, adulto o anziano? Espressione felice, triste o neutra? Asiatico, Caucasico o di colore?

Per ottenere queste informazioni, è necessario effettuare una analisi del volto delle persone; questo richiede un vincolo installativo ancora più forse rispetto a quelli menzionati in precedenza: la camera, infatti, deve essere posizionata in vista frontale, ad una altezza di circa 1 metro e 70. Installazione che evidentemente è tutt’altro che semplice. A questo si aggiunge il fatto che tali sistemi, per loro natura, non sono collaborativi. Pensiamo ad esempio ad un sistema di controllo accessi basato su analisi del volto: una persona è portata a guardare la camera e a fermarsi fin quando il software di analisi video non la riconosce e consente l’accesso: tali sistemi possono quindi considerarsi collaborativi. Una persona in un negozio, al contrario, non si ferma davanti alla telecamera (tanto più se inquadra i volti e si trova ad altezza uomo) e potrebbe addirittura sentirsi infastidita dalla sua presenza, girando il volto. Cosa che inevitabilmente rischierebbe di impedire il corretto funzionamento del plugin di analisi video per la stima di genere, fascia d’età ecc. Pertanto, in questi casi tipicamente la soluzione è l’impiego di una camera pinhole, con una ottica tanto piccola da potersi nascondere facilmente (magari all’interno di un manichino piuttosto che dentro uno scaffale). Non saranno collaborativi questi sistemi, ma l’utilizzo di questo tipo di camere almeno evitano che il sistema diventi anti-collaborativo.

Camere di sorveglianza: si o no?

Alla luce di quanto detto fino a questo momento, se vogliamo utilizzare le stesse camere che installiamo per fini sorveglianza, le uniche informazioni che possiamo ottenere sono quelle legate alla valutazione della heatmap e al calcolo della percentuale di occupazione di una area (per la valutazione dell’affollamento e del sovraffollamento). E dobbiamo rinunciare a tutto il resto.

Il nostro cliente è disposto a farlo? No? Allora sarà necessario installare nuove camere, nel modo in cui l’analisi video richiede, e quindi con i vincoli detti in precedenza. E dobbiamo essere pronti a convincerlo che risultati accurati richiedono un corretto posizionamento delle camere. Non abbiamo alternativa. Dobbiamo solo diffidare da chi sostiene il contrario.

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